L’Italia è un paese più attento ai calciatori e ai cantanti che ai suoi veri maestri.”
Questa affermazione è di Gianni Rodari, l’ha pronunciava nel 1970 in memoria del suo amico pedagogista Bruno Ciari: “Era un uomo prezioso e buono. Avrebbe potuto darci ancora tanto. Il dovere di chi è rimasto è di farlo conoscere più di quanto sia stato fatto finora in un Paese più attento ai cantanti e ai calciatori che ai suoi veri maestri”.
Credo che questa affermazione avesse una sua carica provocatoria 47 anni fa e, anche oggi, dimostri la sua attualità per diversi motivi, non ultimo il fatto che il parere dei pedagogisti, degli insegnanti e di chi la scuola la vive non sia stato minimamente ascoltato quando il governo Renzi è intervenuto per stravolgere la scuola della Costituzione spacciandola poi per la sua cosiddetta “buona scuola”.
Uso la frase di Rodari per introdurre un problema che è sicuramente fra quelli meno importanti tra i tanti che la scuola italiana sta vivendo in questo periodo; forse non è nemmeno un problema ma un mio bisogno di far conoscere persone “preziose e buone” del mondo scolastico.
Il termine scuola significa “Istituzione a carattere sociale che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tende a dare un’educazione, una formazione umana e culturale, una preparazione specifica in una determinata disciplina, arte, tecnica, professione, ecc.”.
Il problema nasce perché tutte le scuole svolgono la stessa funzione quindi sarebbe utile distinguerle non solo per il loro indirizzo ma anche per la loro denominazione.
Provo a spiegarmi meglio.
school-127485338648322900In Italia le scuole pubbliche si chiamano “Scuola”, poi segue il loro livello (dell’Infanzia, Primaria, Secondaria di primo o secondo grado) e il nome del paese (es. Scuola dell’Infanzia di Quartesana) o il nome della via (es. Scuola Primaria di viale Adriatico) o un numero (es. Istituto Comprensivo n° 8) oppure ancora il nome di un personaggio importante (es. Scuola Primaria “Alessandro Manzoni).
In Italia invece le scuole private si chiamano “Scuola” poi segue il loro livello e, nella grandissima maggioranza dei casi, il nome di un santo o di qualcosa relativo al sacro (es. Scuola Primaria Sant’Antonio, Scuola Materna Sacro Cuore).
Riassumo meglio la situazione con un po’ di numeri riguardanti la provincia di Ferrara:
– su 216 scuole statali, 114 sono intitolate a qualche personaggio importante e 102 non lo sono, quindi sui documenti ufficiali del Ministero vengono indicate con il nome del paese o della via dove sono collocate;
– su 114 scuole private, 113 sono intitolate e solo 1 non lo è.
In sintesi, nella provincia di Ferrara le scuole private sono quasi tutte intitolate mentre quasi la metà delle scuole statali non lo sono.
La situazione, divisa per comuni, la si può leggere nelle due tabelle allegate (dettaglio e riepilogo).

Mi chiedo e vi chiedo: come mai diamo un nome agli uragani e agli anticicloni, alle operazioni umanitarie e a quelle militari ma non alle scuole statali?
Perché non approfittiamo di questa mancanza e decidiamo di pensare insieme se, come e a chi intitolare le scuole che ancora non lo sono? 
Quando si parla di “scuola” non è superfluo ricordare che ci si occupa di un bene comune fondamentale e quando si raccontano le cose della “scuola” è importante specificare che ci si riferisce ad un luogo di istruzione che può essere un vero e proprio laboratorio di cittadinanza attiva.

Dal mio punto di vista credo sia importante che anche ogni specifico ambiente scolastico venga identificato con un nome evocativo, dove per evocativo intendo “persone preziose e buone” da far conoscere.
ciarifisNon credo proprio che l’Italia attuale sia “un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” e, proprio perché non vorrei vivere in un paese rappresentato solo da “calciatori e cantanti”, penso sia importante mantenere vivo il ricordo e l’esempio delle persone che si sono impegnate, direttamente o indirettamente, per un bene comune così importante come la scuola.
Nel mio piccolo, venti anni fa ho lavorato per intitolare la scuola del paese dove lavoro proprio a Bruno Ciari; prima di allora tutti la chiamavano genericamente “Scuola di Cocomaro di Cona” e sui documenti ufficiali del Ministero veniva definita “Scuola elementare di via Comacchio”.
Aver voluto intitolare la scuola a Bruno Ciari ha significato, per me, le colleghe ed i colleghi, un sincero e spontaneo omaggio ad un uomo e ad un insegnante che sentivamo (e sentiamo) vicino e attuale nel nostro modo di lavorare.
Un personaggio creativo, coraggioso, determinato, intraprendente e lungimirante che ha influito moltissimo, sia dal punto di vista pedagogico che organizzativo, sulla nostra scuola dell’infanzia e primaria. [1]
Il giorno della intitolazione facemmo una festa e il nostro Direttore Didattico di allora, Paolo Lampronti, nel suo discorso disse qualcosa di davvero suggestivo:
lamprontPerché dare un nome ad una scuola? … Sento in questo un antichissimo uso magico della parola, il quale fa sì che la parola, il nome, diventino la cosa stessa e la cosa stessa prenda identità dal nome. …. In un angolo del nostro cuore, in una parte bambina di noi speriamo ancora che si compia la magia che Bruno Ciari ci dia forza, energia, identità, voglia di andare oltre, di vivere, di apprendere, di confrontarci, di appassionarci e di studiare.

Forse si tratta solo di illusione o addirittura di magia; forse…
In un articolo di qualche anno fa apparso su Internazionale, Annamaria Testa scriveva: Se poter chiamare per nome qualcosa o qualcuno significa conoscere e, per certi versi possedere, dare un nuovo nome vuol dire quasi creare un’entità nuova, estraendola dal caos di ciò che è indefinito o sconosciuto o inesistente o potenziale tanto da non poter essere nominato.
Io penso che riappropriarci della scuole che viviamo sia necessario, soprattutto in questo momento storico; i modi possono essere diversi ed il mio è solo un primo piccolo suggerimento a disposizione di chi ancora crede nell’utopia pedagogica di una scuola in cui sia possibile vivere e convivere, imparando insieme che un’altra società è possibile.
Comunque la pensiate, buone riflessioni autoNOME.
img_13876
P.S. Di seguito una breve guida per l’intitolazione di scuole.
La Circolare Ministeriale n. 313, che il Ministero della Pubblica Istruzione d’intesa con il Ministero dell’Interno ha emanato il 12 novembre 1980, spiega i passaggi necessari:
a) Intitolazione a persone decedute da oltre dieci anni.
L’intitolazione della scuola è deliberata dal Consiglio di Istituto, sentito il Collegio dei Docenti.
La deliberazione è quindi inviata all’USP competente (delegato allo scopo dall’Ufficio Scolastico Regionale) per la richiesta della prevista valutazione del Prefetto e della Giunta comunale.
Acquisite le medesime, se favorevoli, il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale emana il decreto d’intitolazione inviandolo poi integralmente alla scuola e all’Ufficio Scolastico Provinciale.
diritti_naturali_1Nel caso in cui le valutazioni del Prefetto e della Giunta comunale, od anche una sola di esse, non fossero favorevoli, la deliberazione è rinviata al Dirigente scolastico per un riesame da parte degli Organi collegiali.
Se questi confermano le proprie deliberazioni, il dirigente dell’USP, sente nuovamente il Prefetto e la Giunta comunale, ed in assenza di elementi di particolari gravità tali da consigliare la restituzione della deliberazione al Dirigente scolastico per la sostituzione del nominativo, il Direttore Generale dell’USR emana il definitivo decreto di intitolazione.
b) Intitolazioni a persone decedute da meno di dieci anni
Si attuano le medesime procedure indicate al punto precedente, con l’ulteriore precisazione che il Direttore dell’U.S.R. può emanare il decreto di intitolazione solamente a condizione che il Ministero dell’Interno, interessato dalla Prefettura, conceda la deroga prevista in questi casi (legge n. 1188, 23.06.1927).
728672149f3b39a8a40fc3432e564171

[1] Per le persone interessate metto a disposizione la presentazione che ho messo insieme per la lezione che ho tenuto alla Biblioteca Ariostea nell’aprile 2014 nell’ambito del ciclo di conferenze “Viaggio nella Comunità dei Saperi”, organizzate dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e dall’Istituto Gramsci.